venerdì 16 novembre 2012




















Domani è un altro giorno?


























12 DICEMBRE 2008

Il solito turno delle due, ancora il solito turno delle due. La mia fidanzata si è arrabbiata un’altra volta. Solo perché sono il più giovane mi tocca sempre stare qui e mi tocca pure conversare con il mio collega che mi parla di Gina la rumena che ha conosciuta al night vicino alla caserma che come fa sua moglie a sopportarlo lo sa Dio sì lo sa Dio. Valeria mi ha regalato un libro su come realizzare i desideri e diventare per sempre felice. L’ha scritto un tedesco con un nome corto che come si fa a pronunciare lo sa Dio c’ha la K la H e la C in un cognome di sole quattro lettere. Che parla bene lui chissà quanti soldi si è fatto che se ti fai tanti soldi è facile dire che puoi fare quello che vuoi c’hai i soldi e questo basta a comprarti tutto e poi mi dice…ma non la felicità…sì lo vorrei vedere lui a a stare qui alle due di notte con sto freddo con un collega che pesa duecento kili e sta parlando del culo della rumena che deve incontrare. Che poi io il mio sogno l’avevo. Me lo ricordo quando ero piccolo. Guardavo il tenente Colombo e mi piaceva tanto e poi pure quell’ispettore tedesco mi piaceva. Io mi elettrizzavo tutto. Ma non perché volevo fare questo mestiere di merda. Io volevo fare l’attore, cazzo.
Hei Paolo mi ascolti? Tira fuori la paletta và, arriva una macchina”
Prego scenda dalla macchina”
Salve”
Prego favorisca patente e libretto”
Sì…un attimo…ecco”
Francesco Rok…ma che cognome eh? Comunque Non sono fatti che mi riguardano, prego prenda palloncino, prego soffi.”
FFFFF”
Mh…Ha superato il limite lo sa?”
Ma guardi ho solo bevuto un bicchiere di vino bianco…”
Se non trova qualcuno a quest’ora che la viene a prendere, la macchina gliela prendiamo noi insieme alla patente e un po’, insieme alla sua dignità”
Ma io faccio un mestiere importante…io lavoro per i giornali, lavoro anche per voi io, io, io…”
Io volevo fare l’attore…” sussurrò il giovane poliziotto


REGOLA NUMERO UNO: L’appostamento

Io faccio l’autista. Il mio mestiere è portare in giro le persone da una parte all’altra della città. Ma ancora prima il mio mestiere è trovare le persone da portare in giro per la città. Io mi apposto di notte. Accanto alle macchine della polizia. Aspetto un po’ insieme, ma distante da loro. Fino a quando compare la prima macchina. La polizia si eccita un po’ e tira fuori la paletta rossa. L’uomo o la donna al volante sudando premono freni frizione e fermano la macchina. L’uomo con la divisa fa scendere l’uomo o la donna dall’autovettura. Patente, libretto palloncino quanto hai bevuto tanto poco anche se poco sufficiente per ritirarti patente macchina.
Ci dispiace lei ha superato il tasso minimo stabilito”
Ma io ho mangiato solo una merendina kinder…”
Lei ha superato il tasso minimo stabilito prego favorisca. Favorisca ciò che ha favorisca ciò che non ha può tornare a casa, ma a piedi perché la macchina la teniamo noi, in cambio di un tubetto di dentifricio così da lavarsi i denti e tirare via la puzza di alcol quando torna a casa da sua moglie-marito.”
E allora intervengo io. Mi avvicino e fingo di essere un amico della vittima. “Meno male che sono passato qui per caso, a volte dici, la fortuna…dai la macchina la prendo io e ti accompagno a casa.” Nella maggior parte dei casi funziona sempre. Ci vuole forse un po’ per tranquillizzare la vittima, ma non appena si accorgono che sono un tipo sano…allora si affidano. Così una parola dopo l’altra mi presento e dico … “Mi chiamo Marco. E di mestiere faccio l’autista personale delle vittime della polizia.” Loro, le vittime, rimangono un po’ allibite, ma poi, dopo avergli mostrato e lasciato il mio biglietto da visita, generalmente chiamano.



C’era una giovane donna che appena la conoscevi ti impressionavi per il colore degli occhi, azzurri. Ma azzurri che avevano l’intensità di un occhio marrone, nero. Anche se era azzurro. Un colore di occhi che non voleva essere scambiato per azzurro e basta. Azzurro con l’intensità di un nero, appunto, o di un castano. Lei era Melissa.

Poi un’altra ancora che ascoltava quasi sempre e ogni tanto dava consigli particolari che finivano sempre in “ma mandalo a cagare quel deficiente”. Forse finivano così perché i problemi erano sempre gli stessi o forse perché proprio quella parola “ma mandalo a cagare” le piaceva proprio tanto. Così il “Ma mandalo a cagare” lei lo usava anche quando parlava del Papa o del macellaio o dell’ultimo amante della sua amica o del gatto o del barista che non aveva fatto un cappuccino come si deve. Lei era Clotilde.

Ah…sopirò Melissa, la ragazza dagli occhi azzurri. Ah…sento il vento che sfiora i miei capelli…ah…mi sento davvero in pace con la natura. E con me stessa. Stava parlando con la barista sotto casa. Non è difficile. Io sono fatta così…sono in pace dentro. Intorno a lei c’erano tanti vecchietti che facevano la fila per prendere delle brioche alla crema. Dovevano andare tutti alla processione d’emergenza, una processione creata per i peccati speciali, per quelli un po’ più difficile da farsi perdonare. La processione preparatoria alla Santa e Unica Processione che sarebbe avvenuta dieci giorni dopo. E prevedeva un cammino sacro per tutta la notte. Tutti gli anziani erano elettrizzati. La quota di partecipazione era di soli cinquanta euro. Ci facevi il viaggio in corriera (20 minuti), pranzo (una brioche dolce e un tramezzino) e la riduzione dei peccati. Melissa continuava a parlare della pace interiore alla barista che cercava invece di non perderla la pace pensando a tutta quella massa di vecchietti che ancora dovevano ordinare. Ad un certo punto un piccoletto di circa ottanta anni disse “Signorina scusi noi abbiamo fretta, dobbiamo andare a parlare con Dio” Melissa finì di bere il suo caffè. E ancora il piccoletto “Signorina un po’ di gentilezza e rispetto e cortesia per i vecchi…” Melissa continuava a bere il suo caffè. “Signorina Signorina….certo non ci sono più i giovani d’oggi…” Melissa allora si voltò. Guardò prima il piccoletto poi tutta la massa di agitatori ultra settantenni. Prese fiato e urlò “Mi sembrate un branco di vecchi rincoglioniti voi e tutta questa menata di parlare con Dio. Tanto già siete mezzi morti non potete né accelerare ne rallentare alcun processo. Ne tanto meno chiedere qualche sconto in paradiso. Adesso fatemi passare prima che mi arrabbi sul serio.” E uscì pensando a quanto si stava bene ad essere in pace con se stessi e la natura.
Melissa era impiegata all’ufficio di collocamento del lavoro. La sua scrivania era la quarta della serie. La sua rispetto alle altre era decisamente la più pulita. Quella mattina Melissa era seduta alla sua scrivania- Quella mattina l’ufficio era pieno di gente. “Prego non superate la linea gialla” ogni tanto diceva a voce alta Melissa. Prego mantenete lo spazio necessario per la privacy. Prego rispettate il vostro turno. Prego. Avanti. Prego. Si. No. Prego.
Arrivo il turno di una giovane disoccupata. Lei iniziò a farle domande circa la sua possibilità di trovare un lavoro certo e sicuro... “sempre in conformità al suo percorso di studi e di lavoro” cercava ogni volta di sottolineare Melissa. La ragazza iniziò a parlare e disse un po’ timidamente “Io sono una ballerina. Me lo può trovare lei un lavoro come ballerina?” “Direi proprio di no” rispose Melissa. “Ma lei cosa sa fare? Che esperienze di lavoro ha avuto. Ha controllato sulla bacheca i lavori che attualmente sono disponibili?” “Bacheca? Quale bacheca…io sono una ballerina. Me lo può trovare lei un lavoro come ballerina?” “Le ho già detto di no. Ma vediamo. Ha avuto esperienze forse come baby sitter, baby dogger, barista, gelataia, sciampista phonista vetrinista lustrionista unghiata, oppure come addetta alla selezione del materiale incendiario, alla segheria, come portinaia, come educatrice stiratrice massaggiatrice o call center …bè…lo vede oggi è il suo giorno fortunato…non ha che l’imbarazzo della scelta.” “Ma io so solo ballare” “Ma lei lo sa quante persone entrano qui ogni giorno? Lo sa quanta mancanza di lavoro cè attualmente. La prego. Se desidera trovare un lavoro io allora può rimanere altrimenti la prego, vada da un’altra parte a giocare”
La fila iniziava ad innervosirsi…qualcuno gridava…si la centralinista io, si si la sciampista la so fare io, ecco si io prendo il posto di portinaia…. La ragazza continuò a guardare Melissa. La guardò fisso negli occhi. Scoppiò a piangere. Si asciugò le lacrime con un fazzoletto di carta. Lasciò il fazzoletto sul tavolo di Melissa e se né andò in silenzio. La folla continuava a gridare. Melissa guardò il fazzoletto. Prese dei guanti di plastica nel cassetto della sua scrivania. Prese il fazzoletto, lo buttò e semplicemente disse “Avanti un altro.”

Sai che ti dico? Ma mandalo a cagare” si rivolse così Clotilde alla sua amica stesa sul divano a confrontare cinque oroscopi diversi della giornata pensando che se dava retta alla previsione di Elle non sarebbe nemmeno dovuta uscire di casa, ma le già era fuori casa, così aveva preferito credere alle sentenze di Branko che prospettavano un miglioramento della terza casa nella quinta che congiunta con il sole a giove avrebbero creato un pentagono meraviglioso “Un trigono, un trigono, non un pentagono” disse Clotilde, anche se d’altronde Paolo Fox consigliava di essere molto prudenti con tutti i mezzi di locomozione e meno male che non aveva preso la macchina continuava a pensare che poi c’è anche quello di Barbanera che dice che presto la sofferenza si trasformerà in un fiore selvatico dove le api andranno a cibarsi di nettare ludico e forse era il caso di comprare della biancheria intima nuova ma dove l’avrebbe comprata se non poteva prendere la macchina per la previsione di Fox continuava a pensare sfogliando l’ultima rivista alla pagina undici dove si trovavano le previsioni del tempo che secondo lei si potevano interpretare anche quelle alla luce di tutto il materiale raccolto fino ad ora. “Ma la vuoi far finita?” disse Clotilde. “Il consiglio degli astri è sempre lo stesso, Mandalo a cagare” “Ma io lo amo…” “Ah si? E perché lo ami?” “Perché…perché…” “E’ generoso?” “Bè ecco, non proprio…a momenti ma in fondo in fondo so che lui lo è, lo sento dentro” “Si va bè…è allegro? Ti fa ridere? “Bè…ecco si a tratti…” “Ma se non fai altro che piangere come fai a dire che ti fa ridere?” “Mi fa ridere dentro…ecco si…dentro” “Si va bè…ti fa regali, fiori, cene, sorprese?” “Bè ecco…no, ma perché non è nel suo stile, ma profondamente dentro…so che lui è così”. Clotilde si versò un bicchiere di vino rosso, si accese una sigaretta e disse “Mandalo a cagare mia cara. Ciò che dentro è dentro ciò che è fuori è fuori e fuori si vede ben poco. Impara da me. Mi vedi sottomessa, piangente, impaurita, debole, dipendente, muta, non truccata o mal vestita? Certo che no, te lo dico io, perché io ho capito come funziona il mondo. No dico, mi hai guardata bene? Lo vedi che bel decoltè che ho? Mi hai mai visto senza trucco, senza parole, senza una tavola apparecchiata, senza un progetto specifico di vita? Certo che no. Guardami molto bene. Lo sai come mi chiamano al bar qui sotto? Contessa, Principessa, Sua Maestà e Signoria Vostra. Adesso staccati da quella tenda che me la stai pure sporcando. E alzati allo stile di Rossella. Ti permetto anche di dire…Domani è un altro giorno”


REGOLA NUMERO DUE: Il cliente

Oggi per esempio devo andare a prendere un certo Mr Rok alle due e mezza al centro. L’ho incontrato due notti fa. Un fotografo. Di quelli bravi. Di quelli che vengono chiamati giorno e notte. Di quelli che vengono chiamati per ogni piccolo o grande fatto che accade in città- seppur una piccola città, in questi luoghi succedono sempre un sacco di cose. Tipo ieri. “Hanno detto che è un’emergenza” mi diceva Mr Rok mentre si rollava una cartina dentro la mia macchina. Che tra parentesi io non fumo nemmeno. E Mr Rok lo sa. Ma fa finta di niente. Si rolla le sue cartine e lascia metà del tabacco sul mio sedile. Che tra parentesi è un Signor sedile, di pelle nera lucida. Intatta. Comunque mi dice che il giornale lo ha chiamato con urgenza per un fattaccio… “Così mio caro mi hanno detto…un fattaccio” e aggiunge “Si tratterà di qualche cattura pericolosa tipo…ah già il tizio che importunava le ragazze dai capelli rossi sotto il ponte…sarà da ridere…cioè…pericoloso…a volte questo mestiere mi intimorisce un po’…non sai mai dove ti mandano, cosa devi fotografare…a volte …” e mentre parla arriviamo lentamente al posto segnalato dal giornale. Ci fermiamo. Vediamo una macchina della polizia. Una dei vigili del fuoco. Una anziana signora. Dei curiosi. Tutti intorno ad un albero. Tutti a guardare in alto. Scendiamo dalla macchina e ci avviciniamo con cautela. Sentiamo prima le lacrime della signora anziana. E poi i volti preoccupati della polizia e del capo dei vigili del fuoco che sta preparando l’attrezzatura adatta per salire pericolosamente sulla cima dell’albero. Io rimango in silenzio e osservo. Mr Rok sta preparando la sua macchina fotografica e inizia a fare domande… “Buon giorno sono il fotografo del giornale, mi hanno detto di correre qui…che succede cosa è successo?”
Bè”, risponde il poliziotto più vicino all’albero “Il gatto della Signora Pina è scappato questa mattina all’alba e dopo una lunga e disperata ricerca lo abbiamo scovato arrampicato alla cima dell’albero. Abbiamo immediatamente chiamato i vigili del fuoco che come potrà vedere sono già all’opera. Il gatto è all’ultimo ramo, quello più alto. Sarà un’impresa rischiosa. Comunque chi ha iniziato le indagini sono stato io Roberto Gervasi, scriva si annoti, ho iniziato e risolto il caso. Se mi vuole fotografare accanto all’albero con il dito puntato verso il cielo come ad indicare l’oggetto felino smarrito…” Mr Rok scattò una misera fotografia alla scalata del vigile del fuoco e alla anziana Signora. Ma non aspettò che il gatto venisse riportato a casa. Una foto con il vigile del fuoco con in braccio il gatto…non era proprio nel suo stile. Così ce ne andammo dopo pochi minuti. E io iniziai i ridere.



Domani è un altro giorno” gridò Camilla. Domani è un altro giorno domani è un altro giorno e io ho voglia di buttarmi giù dal balcone. Però se mi butto dal mio balcone nessuno sarà in grado di venirmi a prendere e il balcone è pure basso rischio solo di rompermi una gamba e di spaccare il cellulare così poi nessuno mi verrebbe a prendere. Oppure potrei prendere quattrocento pastiglie e mettermi il pigiamino di seta da uomo così quando vengono a prendermi mi trovano anche vestita bene, che poi però se mi addormento prima e mi dimentico di chiedere aiuto…e se poi mi fanno fare la lavanda gastrica lo sporcherei tutto il mio pigiama nuovo da uomo. Domani è un altro giorno domani è un altro giorno. Lo amo lo odio lo amo lo odio lo odio lo odio mi sta antipatico mi da sui nervi mi fa venire mal di stomaco è diventato pure brutto è grasso e lo amo lo odio lo odio lo odio oddio domani è un altro giorno domani è un altro giorno. Oppure potrei salire in cime alla torre della città e fingere di svenire, essendo certa che di sotto ci siano tante persone, magari mi metto l’abitino aderente e vado a farmi bionda che se sono bionda e precipito dall’alto mi si vede meglio. Magari potrei chiamare in anticipo il fotografo del giornale per uno scoop…oddio magari potrei vestirmi come la donna di “la donna che visse due volte” con quel tubino grigio che insieme al biondo dei capelli ci sta un incanto e così mentre precipito lievemente dalla torre tutti mi riconoscerebbero e immediatamente coglierebbero la somiglianza tra me e lei…domani è un altro giorno domani è un altro giorno domani è un altro giorno.

Mi annoio” sospirò Clotilde. “Mi annoio da morire.” Mentre controllava gli appuntamenti per la giornata seduta alla sua scrivania entrò una giovane ragazza.
Buon giorno mi chiamo Daniele Lucini”
Si?”
Ecco io sono il figlio dell’Amministratore Direttivo dell’Officina Bang Bang quella che produce prodotti ecologici per lo sterminio di insetti scarafaggi topi e pipistrelli. Come figlio dell’Amministratore Direttivo io sono di conseguenza l’Amministratore Delegato. Delegato per faccende delicate. Per questo motivo sono qui. Per una faccenda delicata- possiamo parlare in privato un attimo?”
Veramente qui non cè nessun altro a parte lei Delegato Amministratore e io indiscussa Presidente e Vice Presidente dell’Ufficio in questione. Che problema ci sarebbe?”
Noi facciamo ogni anno delle indagini topografiche circa la pericolosità o meno di possibili invasioni da parte di insetti pipistrelli topi e scarafaggi. Controlliamo la carte originarie, le fondamenta, le fognature, insomma tutto quello che è necessario fare per garantire e tenere una strada pulita protetta. Come si dice la prevenzione è tutto.
Sì. E allora?” sospirò Clotilde cercando di aggiustarsi il decoltè “Allora cosa si previene?”
Abbiamo attivato dei microchip che sono collegati a dei trasmettitori che mandano onde magnetiche rivelatrici della possibile presenza di insetti nocivi all’uomo. Queste onde quando segnalano uno o più esseri misteriosi trasferiscono automaticamente i dati al sistema madre situato nel nostro ufficio di campagna.”
Vada avanti…sono curiosa, gli ultracorpi ci invaderanno presto?”
Tralascerò ogni accenno di sarcasmo. Bene il Sistema Madre l’altro giorno ci ha parlato. Sembra che proprio in questa zona, proprio sotto gli uffici dove lei e il suo personale lavorano abitualmente, sembra dicevo, sia presente un enorme quantità di quelli che io chiamo creature nocive a sé e all’uomo”
Si. E cioè”
Ecco ancora non siamo proprio certi … sto parlando di pingirelli, strana e nuova creatura derivata dall’accoppiamento tra la femmina del pipistrello e il maschio del topo”
Ma lei mi sta prendendo per il culo?”
No, certo che no.”
Me lo dice cosa vuole da me questa mattina?”
Si Signora. L’unica maniera per difendersi da queste nuove creature e quindi annientarle, è quella di diffondere sotto le fognature i nostri prodotti Bang Bang, in quantità elevata.”
Dovrei scendere sotto le fognature e spruzzare quella roba? Glielo chiedo un’altra volta, mi sta pigliando per il culo?”
No Signora. Tutto vero. Ma lei non deve fare proprio niente. Se non lasciare una piccola firma per autorizzarmi a fare il mio lavoro, un’altra piccola firma per sollecitarlo, un’altra ancora per garantirmi una copertura in caso di intrusione delle forze dell’ordine, un’altra-
AHHHH”
Signora…ride?”
Guardi…non posso farne a meno…la prego…è meglio che lei vada ora…prima che il riso si trasformi in un’altra cosa…”
Ma Signora…”
Sento che il mio riso sta diventando altro…”
Va bene Signora, arrivederci…ci risentiremo presto…”
Il figlio dell’Amministratore direttivo prese la sua valigia da amministratore delegato ed uscì. Clotilde lo guardò mentre apriva la porta ed usciva. Si ributtò sulla scrivania e sbuffò “Mi annoio…accidenti come mi annoio”
La sera Clotilde tornò a casa. Suo marito già era arrivato e la aspettava. Seduto al divano. La guardava. Clotilde appoggiò la borsa e disse “Mbè?”
Ho accesso il riscaldamenti” disse suo marito.
Clotilde si tirò via il cappotto e salì in camera da letto.
La mattina successiva Clotilde si alzò dal letto. Preparò il caffè per suo marito. Si accese una sigaretta in balcone. Inspirò sospirò e buttò fuori una gran porzione di fumo dove sembrava leggersi dentro “aiutoooo” ma non aiuto di – voglio una colf che mi aiuti a pulire la casa – e nemmeno – voglio una colf che mi lavi i piatti, in fin dei conti lei era anche provvista di lavatrice – e nemmeno aiuto voglio un amante- suo marito accendeva spesso i riscaldamenti – ma aiuto. Aiuto e basta.

Camilla si alzò, si guardò allo specchio. Si tirò via la maglietta. “Mi sono calate le tette. Mi è calato il culo. Ho i capelli sbiaditi. E le occhiaie. Per non parlare delle mie occhiaie.” E come faccio a farmi fotografare stamattina?” Si infilò sotto la doccia. Completamente gelata. Si era ricordata che il secondo marito di sua zia che era un medico oculista diceva che le occhiaie si ritirano con l’acqua gelida. Se questo principio fosse stato vero, l’acqua fredda avrebbe fatto bene anche a tutto il resto del corpo. Si sarebbero però ritirate anche le tette? Così cercava di coprirle con un asciugamano caldo, le tette, mentre tutto il resto del corpo veniva coinvolto in un flusso continuo di acqua gelida. Risvegliata e “ritirata” a sufficienza, Camilla uscì dalla doccia e si vestì- certamente si controllò un istante la serie di tette, occhiaie, glutei, si sollevò pensando che non si fosse ulteriormente ritirato niente, si vestì e si preparò ad uscire. Si era preparata la notte prima un borsone pieno zeppo di vestiti. Necessari alle foto. Anche se il fotografo le aveva detto “Bastano due cambi e un solo paio di scarpe. E vieni già truccata.” Il borsone di Camilla era un modello astronave da viaggio con ruote quattro per quattro. Era capace di contenere un intero armadio a dieci ante di vestiti e le prime tre file di una normale scarpiera da muro. E in quel momento la valigia conteneva tutto questo. Compreso un delizioso cappellino rosa e tutto il set dei trucchi rubati a sua cugina alla quale aveva fatto da madrina per il sacro rito della cresima. Senza entrare nei dettagli sul come e sul perché le venne in mente di rubare la trusse alla cugina che, poveretta, aveva solo dodici anni, e aveva scelto proprio Camilla come esempio morale davanti a Dio e al prete, Camilla possedeva ora tutto il set completo di ombretti fard e rossetti tono su tono della barbi principessa.
Erano già le nove. Troppo tardi. Camilla uscì di corsa e iniziò a correre. E corse. Attraversò la strada senza accorgersi del rosso del semaforo. E una macchina inchiodò. Camilla riuscì a non essere investita ma la valigia invece si scontrò contro la macchina. E volo. E volarono tutti i vestiti delle quattro ante dell’armadio, tutte le scarpe dei primi quattro cassetti della scarpiera e tutti i trucchi della Barbi. Tutto volò in aria. E tutto precipitò sulla macchina. La macchina di Marco.
Per Dio” gridò Marco
Per Dio!” gridò Mr. Rok
Oddio” sibilò Camilla
Marco scese dalla macchina. Camilla salì sulla macchina. Mr. Rok inziò a fotografare. Camilla si attaccò al cruscotto per cercare di riprendere i suoi vestiti. Marco si attaccò al cruscotto per cercare di prendere Camilla. Mr. Rok continuava a fotografare. Marco allungò la mano e afferrò Camilla che stava cercando di sganciare la scarpa dallo specchietto retrovisore. Lo specchietto si spaccò Camilla perse l’equilibrio, precipitò insieme a tutti i vestiti che intanto scivolavano dal tettuccio e tutti insieme caddero su Marco. Mr Rok continuava a fotografare.
Per Dio” disse Marco “Per Dio e ancora per Dio. Ma lei è matta. Si tolga dalla mia pancia e insieme si riprenda tutti i vestiti”
Aiuto…i miei vestiti le scarpe i trucchi della Barbi, il mio appuntamento…il mio appuntamento col fotografo…ora sarò un disastro ora … ora…”
Mr Rok continuava a fotografare e tra un clic e l’altro disse “Se Lei è la signorina Camilla Leli quella Camilla con la quale ho discusso circa tre ore per convincerla a portare con se solo due cambi d’abito, se lei è quella Camilla aspirante attrice…bè il suo appuntamento sono io e non si agiti, il servizio lo stiamo già facendo.”
Camilla scaraventò con violenza Marco e i vestiti lanciò contro una macchina una scarpa che spaccò il finestrino anteriore buttò a terra lo specchietto retrovisore che si ruppe definitivamente e disse “Ah.. si Camilla sono io…” e sentì un clic “Ma lei non può farmi le foto ora” un altro clic “sono un disastro” un altro clic “Aspetti” clic, clic, clic. E finalmente Mr Rok disse “Ascolta, ti do del tu. Per me il servizio è già fatto. Fidati. E’ il tuo giorno fortunato. Fidati. Non voglio nemmeno essere pagato. Le foto te le mando via posta. Cd e stampe. Fidati. Poi ti farò sapere altro. Fidati” clic.

...

Camilla camminava per le strade della sua città. Non pensava più a Rossella ne a Via col Vento. Il vento ora sapeva che girava dalla sua parte. Si fermò davanti ad un enorme cartellone dieci per dieci e rimase immobile a fissarlo. E sorrise. E disse a sé se stessa…quella sono io, quella sono io!

REGOLA NUMERO TRE: pronti a tutto

Edizione straordinaria” così diceva la Signorina del TG otto della sera. Stavano interrompendo tutte le trasmissioni nazionali. Tutte. “Il vecchio congelatore” condotta dall’ attrice velina cubista del momento che con un microfono a forma di banana parlava con dieci concorrenti scelti tramite estrazione. Durante l’anno venivano scritti all’interno delle confezioni di tonno Rio De Mar dei nomi presi dalle riviste “Di Più Tv, Tv Sei Tu, Eva, Novella duemila e tre”. Le lattine di tonno che si trovavano nei supermercati venivano comprati dalla gente normale e la gente normale che apriva la scatoletta di tonno, quando trovava scritto il nome del vincitore, doveva fare una telefonata al numero verde 4444444444 e dire il nome del fortunato vincitore. Il pubblico da casa diventava così protagonista della trasmissione. Era il caso di Melissa che aveva trovato una di queste incredibili scatolette e dopo avere chiamato la madre il padre la sua migliore amica e il fidanzato ed essersi commossa, aveva immediatamente chiamato il numero verde e quindi urlato il nome del vincitore. I dieci concorrenti venivano poi portati in una cella frigorifera provvisti di piumini d’oca e coperte e costretti ad un’abitazione forzata per venticinque giorni. Ancora una volta il pubblico da casa diventava protagonista perché era proprio lui, il pubblico che sceglieva il più simpatico da non eliminare. “Il vecchio congelatore” era il programma maggiormente seguito il giovedì sera. Tutta la piccola città era inchiodata davanti al piccolo schermo.
Ma quel giovedì si interruppe. “Edizione straordinaria edizione straordinaria” e arrivò la felice seducente giornalista del tg otto che disse “Amici telespettatori. Una notizia è giunta poco fa in redazione. Un gruppo di venti persone, tra uomini e donne, sembra essere scappato dalla casa di cura per igiene mentale “La mente risplende”. Queste persone non ancora del tutto identificabili sono disperse nella nostra città. Non c’è nulla da temere. Sono solo persone che hanno una certa deficienza mentale. Se doveste vedere o percepire qualcosa di strano, prego chiamare il numero verde 320593498630498 per riferire ai nostri centralini la persona sospetta. Grazie della collaborazione. Ridò la linea a Britney con la sua magnifica trasmissione “Il vecchio congelatore”

Hai sentito cosa ha detto?” disse Clotilde a suo marito che si era nel frattempo già addormentato. Si accese una sigaretta e iniziò a pensare. E poi sorrise. E poi telefonò a Camilla per avvertirla di fare attenzione a quello che diceva per la strada, così per sicurezza, poi chiamò Melissa che aveva appena parlato con sua madre dicendola di chiudere a chiave le porta, poi chiamò Cristina e infine svegliò suo marito. “Accendiamo i riscaldamenti?” disse. E lei “No caro. Stasera sono piena di pensieri ti aspetto a letto.” Sotto le coperte le venne in mente lo strano incontro cha aveva fatto tre giorni prima. E se quello strano ragazzo fosse stato uno di quelli scappati dalla Casa di Cura? Poteva fare qualcosa? Certo, se invece non fosse stato…avrebbe messo nei guai un povero innocente. In quel fluire di pensieri si addormentò.
Venne svegliata la mattina dopo. “Aiuto Clotilde aiuto…mi vieni a prendere?” diceva la voce al telefono. Era Camilla. Era stata segnalata alla polizia da un passante nel pomeriggio il quale passante sconosciuto aveva subito chiamato il numero verde che era collegato con la polizia che era subito arrivata al posto segnalato e senza dare tempo alla sventurata di dire nulla l’avevano caricata e portata alla prigione della città. “Cosa succede?” disse Clotilde. “Succede che ieri stavo camminando per la strada poi all’improvviso mi è venuto in mente il mio ex fidanzato e mi veniva da piangere e allora ho cercato di trattenere le lacrime perché, come dici tu, mica si può piangere così davanti a tutti, e allora mi sono sforzata di pensare a Rossella che mi diceva domani è una altro giorno domani è un altro giorno e io non ci credevo così le ho risposto male e ho gridato che si doveva fare i fatti suoi che il mio ex fidanzato era molto peggio di ret butler e che ret almeno ci aveva provato con le mentre il mio fidanzato no. Così ho urlato piena di rabbia. Ma senza piangere. E in quel momento un tipo che stava facendo fare la pipì al cane mi ha vista e ha chiamato il numero verde ed è arrivata la polizia che ha iniziato a parlare con me e si è convinta che io sia una di quelle matte scappate la notte scorsa. Ora stanno cercando di chiamare la Casa di Cura ma le linee sono sempre occupate. Puoi venire a prendermi e a garantire per me? Ti prego…ho passato qui tutta la notte.”
Arrivo” disse Clotilde. Ma tu, ti prego rimani in silenzio.


ALL’UFFICIO DI POLIZIA ORE 02.00

M I S S I O N E S P E C I A L E
Incontro speciale di protezione sicurezza per la grande marcia sacra del paese.

Allora ragazzi…”disse il comandante capo Nelson. “La sapete perché vi abbiamo riunito tutti insieme, tutti alle due del mattino?”
“…”
Allora, razza di morti di sonno, volete rispondere si o no?”
“…bè…” sussurrò Paolo – “siamo qui per organizzarci. Organizzarci sì, per la marcia sacra.”
Certo ragazzo, per la marcia sacra. Certo…ti pare che abbia dispiegato così tanti uomini in tenute mimetiche e fucile e quant’altro per organizzare una stramaleddetta marcia sacra in onore del santo Dio?”
“…”
Cercherò di parlare chiaro. Una mandria di matti come sapete è scappata dal manicomio, che ora chiamano casa di igiene mentale o che so io, ma per me è la stessa cosa, matti decelebrati sono. Immaginateli ora marciare insieme a tutti gli altri pellegrini figli di Dio. Immaginateli, immaginate quei dementi in mezzo alla folla di poveri pellegrini che vanno a pregare Signore Dio per avere la pace in cielo, e si vedono in mezzo a loro dei potenziali criminali, Cristo Santo non ci posso pensare, non ci posso pensare. Tutto il lavoro in questi anni di ronde notturne di cani lasciati liberi di aggredire rumeni stupratori, di difesa del pubblico e innocente cittadino … e ora… ora si ricomincia da capo…insieme a quei maledetti ci tocca pure eliminare dei malati schizzofrenici…per Dio … mi manca il respiro…mi manca il fiato…io li voglio vedere morti tutti, tutti quanti, e i nostri amati pellegrini sani e salvi davanti a Dio.”

La squadra di polizia si organizzò. Tre squadroni d’assalto appostati all’inizio della marcia. Altri tre squadroni speciali in mezzo alla folla. Due truppe di piloti dell’aeronautica MS H KI che avrebbero sorvolato e controllato dall’alto la situazione. Venticinque macchine della polizia avanti e dietro il corteo. E infine cani al guinzaglio e cani liberi - di - sbranare all’odore rumeno-marocchino-africano. Tutto era pronto. Mancavano solo tre ore all’inizio della processione. Paolo si fece il segno della croce e indossò la sua corazza.

ORE 21.00 – CAMMINATA SANTA – DURATA DEL PERCORSO, TUTTA LA NOTTE.

Quando comincia?” disse una vecchia signora alla vicina di fila, che era Melissa.
A breve … a breve…” sospirò Melissa.
Sono tanto emozionata lo sa?”
e’ soltanto un cammino Signora, nient’altro che un cammino. Si rilassi”
Forse si…lei è giovane e non capisce. Io e mia nuora ci venivamo sempre assieme…fino a quando…ecco mi scusi, ogni volta mi commuovo…ogni volta che penso a mia nuora … Ecco le dicevo…tre anni fa era tanto buio e camminavamo …sulla soglia della strada…e mia nuora…bè…è caduta giù. Nel burrone.”
Ah…”
Sì. Non l’abbiamo più trovata. Ma lei crede che abbia perso la fede? Non l’ho mai persa. Mai.”
Melissa aprì il suo termos di caffè e latte caldo. Lei alla processione ci era andata soltanto per curiosità.
In fondo…” continuò l’anziana signora “ In fondo non posso dare a Dio la colpa della mia vita. Nemmeno le disgrazie. Lo sa cosa diceva sempre mia nuora? Che siamo noi che dobbiamo aiutare Dio, non il contrario.”
“ …”
Rimane zitta eh? La doveva conoscere mia nuora. Era una donna incredibile. Incredibile. Ma quando parte questa processione?”
Tra pochi minuti…pochi”

REGOLA NUMERO QUATTRO: Non nominare il nome di Dio invano

Che a saperlo che dovevo accompagnarlo alla processione, mi sarei inventato un campionato Italia Francia. E invece preso all’ultimo momento. Mi chiama questo pomeriggio e mi dice di accompagnarlo in un posto, vedrai, mi dice, ne vedrai delle belle. Sì. Delle belle. Una coda kilometrica di anziani e giovani, poliziotti e cani, preti ed elicotteri. E per di più la mia macchina è bloccata a kilometri di distanza e chissà Dio quando potrò recuperarla. Ma chi me l’ha fatto fare. Dovevo lasciarlo all’uscita della Chiesa e andare. Invece lui mi frega. Pochi minuti e partiamo pochi minuti e partiamo. E intanto è passata un’ora.

Mr Rok cercava di farsi strada in mezzo alla gente. Un gruppo di giovani figli del Papa muniti di bandiere e chitarre si erano appostati davanti a lui e sorridendo chiedevano di essere fotografati. Così un altro gruppetto di anziane devote alla Madonna di Loreto avevano cercato invano di oltrepassare i ragazzi figli del Papa per cercare di essere immortalate in un ritratto fotografico… “Si si si chiama ritratto fotografico, me lo ha detto mia nipote che è fidanzata con il fotografo del Messaggero. Che poi se ci fanno la foto finiamo diritte diritte in prima pagina!” diceva una del gruppo devote alla Madonna di Loreto. Melissa continuava a bere il suo termos di caffè. Il prete Don Matteo Bendetto e Unto intonò “Santo Santo Santo il Signore” e tutti i partecipanti iniziarono a cantare lodi e inni a Dio. Mr Rok cercava di farsi spazio e strada. Doveva fotografare la partenza della marcia, doveva fotografarla assolutamente. Ma il gruppo di devoti lo stava allontanando, e in pochi minuti si trovò distante, vicino al gruppo di poliziotti e cani. Si voltò un attimo sulla sinistra e riconobbe Paolo, il poliziotto che gli aveva tolto la patente. Un attimo. Un attimo e si accorse che il gruppo di devoti si era trasformato in un folto gruppo di gente armata. Dove erano andati a finire i crocefissi? Al momento Mr Rok riusciva a vedere solo pistole e cani. E quelli iniziò a fotografare.

Siamo noi che dobbiamo cercare di aiutare Dio...” pensava Melissa…

La processione era iniziata. Le persone cominciarono a camminare. I telefoni cellulari incominciarono a squillare.


UFFICIO NUMERO VERDE SMMST
(scoperta malati mentali schizzofrenici e turbati)

Il capo ufficio del centro SMMIST un uomo sulla cinquantina d’anni sorrideva. Sentiva tutto l’ufficio risuonare e le sue segretarie risuonavano anche loro insieme agli squilli e chiassose prendevano nota e riagganciavano. “SI SI SI” esclamava il capo ufficio e ancora “SIII suonate telefoni suonate e ancora suonate! Ogni telefonata perduta sono cinque centesimi in meno ogni telefonata presa sono tre centesimi in più!” Passeggiava il capo ufficio del terzo piano. Sembrava trovarsi in una camera concertistica dove i telefoni diventavano violini e flauti, le parole delle ragazze percussioni e gran tromboni e il rumore della cornetta appoggiata a seconda dei casi con grazia e o violenza, quel rumore era aria di violoncelli e contrabbassi e infine il pianoforte segnava la danza faticosa dei caffè e dei bagni. Il capo ufficio era felice. “SI tutto questo è opera mia, tutto questo è opera mia!”

Il centro SMMST aveva ricevuto milioni e milioni di telefonate. La situazione sembrava diventare pericolosa.

CAMMINATA SANTA – Primi passi

Melissa aveva finito il suo termos. Ed era solo all’inizio del percorso. Si voltò verso l’anziana signora “ Arriva una gran salita ora Signora è pronta?” Ma l’anziana Signora non le rispose nemmeno. Uscì dal gruppo per un attimo. Melissa la vide tirarsi via le scarpe e inginocchiarsi a terra. E pregare. Dopo pochi minuti si avvicinarono a lei altre signore anziane come lei. Tutte facevano la stessa cosa. Si tiravano via le scarpe e si mettevano in ginocchio. A pregare.

Ecco pensò Melissa. Sento i passi del mio cuore che vanno verso una direzione. Ma non so quale sia. Ho solo paura di perdermi. Ho solo paura di non potere più tornare indietro. Ho solo paura di cambiare occhi. Ho paura di vedere troppo lontano. Vedere lontano. Melissa si avvicinò alle anziane signore e iniziò a pregare.

Padre Nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome e venga il tuo regno…” diceva in camminata Don Matteo e Benedetto e Unto. Attorno a lui quattro maschi di giovane età che portavano quattro bandiere con diciture in latino e immagini sacre raffiguranti colombe e ulivi verdi.
Mi hanno dato sette in condotta” sussurrò il primo ragazzo al secondo, quello che portava la bandiera con l’ulivo.
Poveretto” risponde il secondo ragazzo con la bandiera del Papa
Mi hanno beccato mentre facevo dei disegni sconci sui muri del bagno della scuola”
Ma dai…che hai disegnato?”
Un uomo e una donna che pisciano”
Ah…ti hanno sospeso?”
No. Mi hanno detto che me la potevo cavare se venivo a fare la processione”
Ho capito.”
E tu?”
Mi piace quella del terzo C. Si chiama Giulia.”
Nooo quella biondina con le tette grosse? Sta qui in mezzo? E tu ci vuoi provare questa notte?”
Bè…provare…mi piace. Sua nonna la manda ogni anno a fare la processione perché c’hanno il fratello tossico”
Ah! Ma tu ci vuoi provare questa notte? Ci sta pure il fratello?”
non lo so…mi piace…”
Dai ci vuoi provare…ci sta pure il fratello?”
Ma che ne so!”
Secondo me ci sta pure il fratello. Starà vendendo lexotan alle vecchiette nervose, figo però…farsi la processione sotto lexotan”
Io una volta l’ho provato l’ho fregato a mia madre e poi ci ho bevuto sopra tre coca e rum.”
Cazzo!”
Ho vomitato per tre giorni. Non l’ho più toccato”

Marco nel frattempo girava in mezzo alla folla cercando Mr Rok. Se ne voleva tornare a casa. Era irritato e stanco. Aveva però un presentimento. Che non sarebbe stato così facile. La sua macchina era distante chilometri e chilometri. Si stava facendo scuro e di Mr Rok neppure l’ombra.

Mr Rok continuava a scattare fotografie.

Melissa e le anziane Signore erano rimaste a terra a pregare.

C’era in mezzo alla folla una giovane ragazza bruna dai capelli lunghi. Stringeva la mano di una ragazzina. La ragazzina si chiamava Alessandra.
Come ti senti, tutto bene?”
No. Voglio tornare a casa dalla mia mamma”
presto, presto ci torniamo”
Ma sono ore che stiamo camminando…”
Sono ore si…”
E perché ci siamo messi a camminare…sento tante persone attorno…tante voci tanti canti…siamo ad una festa?”
Più o meno…sì è una grande festa …”
E perché la mamma non ci è voluta venire, a lei le feste piacciono tanto…”
Perché la mamma lavora. E sono venuta io”
E dove stiamo andando?”
Se stai calma ti spiego tutto”
No, non sto calma. Voglio sapere dove mi stai portando, ho fame e ho sete e voglio tornare a casa mia”
Dopo ci torni a casa. Non ti piacciono i canti? Perché non canti anche tu, le canzoni le conosci?”
Si. Sono quelle della domenica in chiesa.”
Brava.”
Perché cantano?”
Cantano perché sono felici. Cantano in onore della Madonna”
E la Madonna li ascolta? Che gliene frega alla Madonna se loro cantano?”

Forse ha ragione…pensava la ragazza. Forse alla Madonna non gliene frega niente. Come faccio a spiegarle che stiamo facendo la marcia sacra per ricevere la grazia, che sua madre mi ha spedito in processione con lei per chiedere alla Madonna di ridare la vista alla figlia. Ci poteva pensare lei a portarla qui. Come faccio a dirle che poi la Madonna le ridà la vista? Come faccio a raccontarle una scemenza del genere?

Questo sarà il servizio della mia vita…” si diceva Mr Rok. Clic. Un poliziotto che schiaccia la zampa di un altro cane poliziotto. Clic. Il cane poliziotto che morde il poliziotto a fianco del primo poliziotto. Clic. Il terzo poliziotto che da un pugno al secondo poliziotto che aveva fatto partire il pugno al primo poliziotto del cane. Clic. Il quarto poliziotto che per fare calmare gli altri poliziotti dà una manganellata ad un altro poliziotto ancora che si mette a spruzzare del gas negli occhi del cane poliziotto che decide di fare pipì sulle scarpe nuove e appena lucidate di un altro poliziotto ancora che con il calcio della pistola spacca un occhio ad un altro poliziotto che nella confusione fa partire un colpo di pistola al poliziotto davanti che si mette a gridare e chiama i soccorsi.

La processione continuava indisturbata.

Non c’erano però più autoambulanze. Erano tutte cariche di poliziotti e cani feriti.

UFFICIO NUMERO VERDE SMMST (scoperta malati mentali schizzofrenici e turbati)

I telefoni del centro SMMST suonavano. Continuavano a suonare. La signora Gina in cammino santo si era fatta regalare da suo figlio un telefonino nuovo. “Così mi sento più tranquilla” aveva detto “Così se incontro uno di quei matti davanti alla mia strada, chiamo subito il numero verde.” Dopo poche ore di cammino la Signora Gina aveva già fatto quindici chiamate. E insieme a lei tante e tante anziane signore che dicevano di sentire discorsi strani e comportamenti strani di alcuni passeggiatori che non si erano mai visti in città.
Il centro SMMST cercava poi, prese le chiamate, di passarle al comando di polizia cittadina. Il comando di polizia cittadina si muoveva così in direzione ostinata. KM 25 della camminata santa – 35 arresti, KM 40 della camminata santa – 76 arresti – KM 97 della camminata santa – 178 arresti.
I poveretti che non venivano morsi da qualche poliziotto che credeva di dare un calcio al suo cane, venivano trascinati via, in manette, da quei poliziotti che cercavano di rendere tranquilla la processione da matti e molestatori.

Si erano fatte le sette del mattino.

Il centro SMMST aveva cessato di suonare. Le giovani telefoniste avevano perso i sensi. E il gran direttore si era addormentato con un sorriso di gloria.

La processione era finita. E non era rimasto nessuno. Se non il preste che continuava a cantare la messa da solo e una giovane coppia di innamorati che si promettevano amore eterno.


LA FINE


11 GIUGN0 2009 – Testata del giornale locale – (il giorno dopo)

IN MARCIA VERSO LA MADONNA
Milioni di persone hanno partecipato, come ogni hanno, alla Processione Santa. Attimi di commozione e fratellanza sono testimoniati dalle foto scattate durante la marcia.
Anche quest’anno la parola di Dio è entrata nei cuori della gente. Toccanti le parole del nostro sacrestano Don Benedetto “Abbiamo riscoperto i grandi valori del silenzio. Dio è con noi.”

Le foto sottostanti raffiguravano – quattro anziane signore che piangevano – un bambino che sorrideva – una giovane mamma con il marito che le baciava la guancia – una bandiera in onore di Dio, dell’anno precedente.

In un trafiletto in fondo pagina però, si parlava di milleseicento segnalazioni e milletrecento arresti. La prigione della città era colma di gente che cercava di capire il motivo per il quale era stata trascinata lì. I Segnalatori avevano fatto la fila fuori dalla prigione e capitava che da segnalatori anonimi potessero diventare sospettati. La polizia si metteva le mani nei capelli. Tutto era un caos. Ma dopo circa dodici ore vennero rilasciati tutti.
E di veri matti nemmeno l’ombra.